Tuesday, February 09, 2016

FRATELLI DELLA COSTA

Cala Fico

Ultimi giorni di maggio 2015, ricevo una telefonata: è Giuliana dalla segreteria del Centro Velico di Caprera che mi chiede la disponibilità per partecipare, come istruttore ad un corso bisettimanale di primo livello deriva.
A metà giugno, quindi con allievi quasi tutti teen-agers e in numero intorno ai 40.
Accetto con entusiasmo, perché un corso di vela fatto ai ragazzi è senza dubbio molto impegnativo ma con notevoli soddisfazioni.
Eccomi quindi a Punta Coda alla presentazione del corso.
Il mio capoturno e’ Gil, un ottimo istruttore, con molta esperienza e un dottorato di sociologia da conseguire; l’esperienza, per lui, sarà anche oggetto di studio.
L’aiutante di vela è Vittorio, gran derivista, con una particolare attitudine alla comunicazione con i ragazzi.
I nostri allievi sono più o meno divisi a metà tra ragazze e ragazzi; su circa 40 solo un paio sono maggiorenni, l’età media è 17 anni.
Nel 1988 arrivai al primo corso a Caprera come allievo. Non avevo ancora compiuto 18 anni.
Quando, dopo le presentazioni, ci avviamo lungo il sentiero che in circa un quarto d’ora conduce allo scalo derive, mi rivedo, tanti anni prima; il ricordo mi induce ad una certa nostalgia ma anche felicità per gli anni successivi, per aver avuto l’opportunità di venire tante volte sull’Isola, prima come allievo e poi come istruttore.
E’ diverso un corso con un numero ridotto di adulti e un corso dove vi sono allievi adolescenti e in gran numero.
Importanti sono le regole, che vanno subito portate a conoscenza dei ragazzi, assieme alla certezza che la scuola e, quindi, gli istruttori non tollereranno eventuali trasgressioni.
È come a scuola, anzi di più, qui, infatti siamo insieme 24 ore su 24 per due settimane.
Il primo corso è quello, forse che da le soddisfazioni maggiori; anche gli altri corsi ne danno, certamente; ma, mentre i corsi successivi portano gli allievi, già consapevoli di che cosa è la vela e il C.V.C. , a migliorare le proprie capacità, il primo corso fa scoprire ai più cosa è la vela, il mare, il C.V.C, con tutto quel che ne consegue.
Solitamente al termine della prima settimana, chi prima, chi dopo, si affronta un momento decisivo, dove un certo momento scatta qualcosa, una scintilla … e non sei più quello di prima.
La barca diventa la prosecuzione del proprio corpo, la barra del timone l’estensione del braccio, la muta una sorta di seconda pelle.
Tutto diventa normale.
Tutto diventa entusiasmante.
Non più l’attenzione alla barca che si muove, sbanda,  i movimenti impacciati.
Adesso tutto è naturale, sicuro, pare di non aver fatto altro in tutta la vita… già ma quale vita?
Casa, scuola , la stessa famiglia diventano lontani, nello spazio e nel tempo; il tempo stesso si dilata; siamo qui da quanto? Anni?
Il verde trasparente dell’acqua richiama, così come la raffica scura che fa saettare la barca oltre ogni limite in planate senza fine dentro la schiuma bianca che nebulizza nei colori dell’arcobaleno.
La fatica accomuna gli allievi, all’inizio spaesati e divisi; i corpi si tonificano: anche i più impacciati acquistano la consapevolezza delle proprie forze e ci si aiuta.
Una lezione non detta in aula viene imparata sempre da tutti: il mare è duro, faticoso, non regala nulla: occorre aiutarsi e diventare lentamente, ma neanche poi tanto, un equipaggio.
Alla fine si è come fratelli, anzi di più perché quando in inverno ci si incontra nelle nostre città ci si riconosce e uno sguardo è sufficiente, vale più di mille parole.
In quello sguardo sono condensate mille sensazioni, esperienze tante miglia, tante onde superate, ma andiamo con calma siamo solo all’inizio.
La prima settimana è su barche che portano quattro persone, i “Bahia” del cantiere Performance.
Sono barche adatte all’iniziazione e nei primi giorni vedono alternarsi a bordo gli istruttori che devono mostrare un po’ tutto …
Dall’armamento dell’imbarcazione alle prime manovre, dando l’esempio e lasciando poi che l’allievo affronti da solo le problematiche della navigazione.
L’assistenza è fornita da gozzi e gommoni pronti ad intervenire ogniqualvolta sia necessario.
Si esce la mattina ed il pomeriggio.
Pranzo e cena in base, con la sala refettorio sempre animata da mille sorrisi.
Ogni tanto anche qualche pianto; chi teme di non farcela, chi, magari prende una botta e si fa male, ma difficilmente, anzi direi mai, ho visto qualcuno arrendersi. 
Il gruppo coinvolge e trascina in senso positivo, riassorbe chi si vede in dietro e perduto.
Le lezioni, le più brevi possibile, sono partecipate, poi in acqua, alle barche, che già dal secondo giorno vengono chiamate per nome, ulteriori compagni di avventure che si aggiungono all’allegra brigata.
E quando una barca si rompe e deve essere portata allo scalo per la necessaria riparazione, viene accompagnata come si trattasse di una persona , di un amico che si è fatto male; ci si accerta che Antonio “Rosso Volante” abbia capito il problema e qualcuno vuol sempre restare fintanto che la barca ritorna in acqua.
La nostra aula è la “cocomeraia” dal tetto di paglia e dalle pareti aperte sul mare, su Capo d’Orso, il cui faro vediamo lampeggiare la sera.
Vediamo anche il mare, le onde, le nuvole e impariamo cosa aspettarci il giorno dopo.
Ragazzi che dopo pochi giorni parlano di maestrale, di levante e ponente, di onde e raffiche …
Tutto il resto non esiste.
I telefoni, che il primo giorno vedi onnipresenti in mano agli allievi, spariscono, senza che nessuno dica nulla: qualcosa di più importante li ha sostituiti, qualcosa che viene percepito come importante, non detto, non obbligato: c’è e basta; è li e ne parliamo perché ci tocca, ci chiama, ci tratta in modo adulto: il vento non usa un linguaggio diverso perché sei un ragazzo: ti schiaffeggia, ti prende a pugni qualunque età tu abbia, ma è onesto, sai che è così e ti comporti di conseguenza, parlandone, con immenso rispetto. 


Lo scalo delle derive a Cala Fico.

Thursday, January 21, 2016

IL SIGNORE DELL'OVEST


La banchina "del secondo" durante il cambio del turno.

Tutto inizia e finisce, per quanto riguarda i corsi su cabinati, sulla banchina "del secondo".
Il "Caronte", lo storico traghetto, arriva più o meno puntuale tutti i sabati verso le 14,30.
Scarica i nuovi, carica i veterani.
"Seconda stella a destra, questo è il cammino...."
l cammino del Caronte, tutti i sabati, all'Isola che non c'e', dove per una o due o per qualcuno anche tre, quattro, cinque settimane ci trasformiamo in tanti Peter Pan, Capitan Uncino, Spugna e, perché no, anche nel coccodrillo.
Resto a guardare, in questo inizio di pomeriggio Ferragostano, dal sentiero che conduce all'altro pontile, quello "del terzo", dove ho appena lasciato Spargi, il mio bravo Sun Fast 3200.
Guardo questa folla multicolore, festante e piangente, chi arriva e chi va, sacco in spalla e acqua sotto il sedere, chi l'ha già messa e chi la metterà.
Mi rilasso, sorrido: una settimana emozionante sta per iniziare!

ll "Caronte", traghetto che porta gli allievi a Caprera da Palau, attraccato al pontile "del secondo".

"Ciao Alfredo, ben arrivato!", saluto il mio amico e collega istruttore per questa settimana.
"Aleeee, Tutto bbene? Semo insieme, me ffa piacere!".
Ci aviamo, su per il sentiero sassoso che porta al "tukul" degli istruttori, fiancheggiato dagli spinosi arbusti della macchia mediterranea, con i suoi tipici profumi, misti all'odore della polvere scaldata dal sole a picco e il sudore che comincia a scendere da sotto le tese del cappello. 
Ricordiamo, salendo, la fatica di qualche anno prima, quando avevamo percorso allo stesso modo quella strada, durante il corso di formazione istruttori, col peso dei nostri sacchi sulle spalle, ma con le speranze e l'entusiasmo di chi inizia.
La prima cosa prevista dal “cerimoniale” è la Ichnusa, la famosa birra sarda, sorseggiata in lattina seduti sul muretto.
“Hai gia' visto gli allievi?”,
“Qualcuno, penso, sul Caronte”
Aspettiamo che gli allievi trovino sistemazione nei loro tukul.
Poi adunata generale dei corsi cabinato per appello e benvenuto del Capobase Giuseppe, nonché discorso-ramanzina preventiva del nostromo, Antonio, detto "Rosso Volante".
Infine con i nostri allievi, tutti presenti, ci avviamo alla “cocomeraia” l’aula col tetto in paglia che ci hanno assegnato.
Bene - penso - sono fortunato ad avere Alfredo, un ottimo secondo; prudente, posato, porta le sue idee con rispetto ed educazione, si confronta, accetta l'opinione altrui ed è molto bravo a spiegare alla lavagna. 
Si direbbe proveniente da qualche nazione nordica, se non fosse per il marcato accento "de borgata". E' medico, il che non guasta; e' sempre meglio avere un medico o un farmacista in un corso... non si sa mai.
Gli allievi sono otto; due donne e sei uomini: due fratelli di Rimini tornati a Caprera dopo qualche anno e altre esperienze nautiche, un mobiliere di Castrovillari, senza la Cayenne, per fortuna, ma simpaticissimo; un ingegnere, calmo e riflessivo, un eclettico torinese brillante, estroverso, fantasioso ... in una parola: matto, ma simpaticissimo pure lui e un pugliese estremamente competitivo su tutto.
Ah ne manca uno ... aspetta, non ricordo ... ebbene si, in ogni corso c'e' sempre quello che non ricordi; vabbé se poi mi verrà in mente dirò anche di lui.
Le donne: una di Arezzo che fugge non so da cosa ed era alla sua terza settimana a Caprera, secondo C3 consecutivo e 5° o 6° che faceva... e l'altra, marchigiana, anche lei al suo 5° o 6° C3 e non ho capito se punta Michele, il responsabile tecnico dei corsi cabinato ... 
Nel complesso un bel gruppo, tutti con esperienza, tutti che desiderano imparare ancora qualcosa.
Ci siamo presentati; abbiamo parlato insieme delle aspettative e degli obiettivi di un settimana che, stando ai bollettini e ai vari siti web meteo consultati dovrebbe essere caratterizzata da forte vento di Nord Ovest, il Maestrale, il Signore dell'Ovest.
Il primo assaggio delle condizioni previste lo abbiamo sul pontile al controllo delle imbarcazioni. Non fa caldo, occorre indossare un giubbotto leggero. 
Le raffiche sono intense, il rumore delle sartie che toccano l'albero, elevato.
Si fa il check in dentro le barche dondolanti, in banchina si respira il profumo del mare, l'aerosol di iodio che il vento solleva dalle crestine celle piccole onde.
Porto Palma è ben riparto. l'acqua non ha spazio sufficiente per formare onde, il vento però si fa sentire.
Rientriamo alla base: tutto è pronto per la prima uscita, l'indomani.
Abbiamo lasciato a portata di vano le vele per le condizioni toste: tormentina e randa svedese.
La doccia all'aperto con la lattina di Ichnusa appoggiata al muretto è un rito al quale non ci s può sottrarre e al quale si adeguano tutti, anche chi è qui per la prima volta: le persone passano, titubanti, impacciate, bianchicce da ufficio, in cerca di una doccia libera; vedono le lattine sul muretto e i volti sorridenti di chi fa la doccia... pochi istanti e tornano con la loro lattina, più sicuri, ecco: la magia di Caprera ancora una volta si è realizzata: basta poco e siamo già un gruppo.
Torno nel mio "tukul" e mi sdraio sulla branda, un vero letto, la prima volta dopo otto giorni di mare sui Sun Fast, con le cuccette caratterizzate dai materassini in materiale plastico antiumido e dai cuscinetti microscopici.


Le canne appena fuori il capanno istruttori.

Osservo, nella quiete, interrotta solo dal fruscio delle foglie e dei rami scossi dal maestrale, le canne di bambù appena fuori dalla finestra.
E' incredibile come il movimento lento, armonico di queste canne accarezzate dal vento al calar del sole possa rilassarmi ... il vento, ... il mare, ... le lunghe foglie verdi che si muovono nel silenzio ...

Domenica 16 agosto

Il bollettino meteo, già la sera del 15 agosto e ancor di più la mattina del 16, ci preannuncia venti dal quarto quadrante per buona parte della settimana.
La lezione della domenica mattina è breve;  studiamo con cura la situazione meteo e l’area dove è meglio navigare: ci porteremo a ridosso della costa sarda dalle parti della spiaggia chiamata La Barca Bruciata, con qualche puntata fuori nel canale tra Santo Stefano e Capo d’Orso
Dobbiamo prendere confidenza con le barche; è il primo giorno ed è meglio non esagerare: il Signore dell’Ovest è il padrone di casa e dobbiamo rispettarlo.
Pausa pranzo davanti alla spiaggia della barca bruciata.
Le raffiche sono sempre più potenti, il mare verde e trasparente; qualcuno si tuffa: anche l’acqua non è molto calda!
Per larghi tratti il mare è già striato di bianco.
Dal Golfo Saline il vento esce subendo un’ accelerazione.
Alziamo la tormentina e la randa svedese con una mano; apprezziamo intorno ai venticinque nodi con raffiche sopra i trenta.
Cosi invelata la barca risponde bene e permette ai ragazzi di prendere confidenza con le manovre.
Restiamo un po’ ridossati sotto Cala Capra (banchina con villaggio turistico tra Golfo Saline e Capo d’Orso).


Incontro con la Croce del Sud; sullo sfondo il faro di Capo d'Orso, il giorno 16 agosto, domenica.

I nostri compagni sull’altra barca si allontanano sottovento.
Là il vento è più forte, in quanto il ridosso viene man mano a finire.
Dopo una strambata violenta, Alfredo mi chiama alla radio dicendo che ha un avaria ad una delle due pale del timone di cui è dotata la barca (First 25.7 "Aliseo") ma che gestisce la situazione e che fa rotta verso la base.
In realtà l’avaria è più seria: il supporto della pala si è tranciato di netto e permette di governare male anche con la seconda pala.
Alcuni supporti sono ancora in alluminio e, se saldati per precedenti avarie, risultano più deboli di quelli in acciaio.
Chiamo immediatamente Giuseppe alla base che allerta il Rosso Volante.
Nel frattempo facciamo rotta verso gli amici nei guai.
Escono i gozzi e una barca a vela del corso C2, più vicina, con una bella manovra,riesce a prendere a rimorchio il First di Alfredo e a condurlo al sicuro in Porto Palma.

Il supporto con la rottura ben evidente.

Lunedì 17 agosto

Il Signore dell'Ovest ha preso possesso dell'arcipelago; è il padrone di casa e tutto dipende da lui: cosa si può e cosa non si può fare; se dice sì, bene, si può fare altrimenti non bisogna forzare la mano.
Il primo giorno abbiamo capito questa semplice regola fondamentale.
Con lui non si scherza.
Queste sono le riflessioni del nostro incontro serale, dopo cena, sotto la tettoia di paglia della cocomeraia, ascoltando, in sottofondo, l'urlo del Maestrale.
E' con un po' di rincrescimento che la mattina successiva apprendiamo che, vista l'impossibilità di riparare il supporto del timone in tempi brevissimi, ci cambiano la barca.
Gli equipaggi, infatti, creano subito un legame particolare con la loro barca, quasi fosse una persona del gruppo al pari di allievi e istruttori: arriva il primo giorno, si fa conoscenza con lei, sta col gruppo tutta la settimana e poi ci si saluta. 
Così è come se una persona del gruppo, un compagno, si fosse fatto male e non può continuare...
Abbiamo un nuovo First, "Meltemi", questa volta con i supporti delle pale del timone in acciaio, come il "Bora", il First su cui ho veleggiato ieri.
Questi supporti sono più resistenti ... forse addirittura troppo!
Il supporto inox non si spezza ma se operiamo in modo scorretto sottoponendo il timone a sforzi eccessivi rischiamo che si rompa la pala!

Descrizione del sistema pala-supporto

Occorre infatti stare sempre molto attenti a non sollecitare troppo le attrezzature ( e gli organi di governo quali i timoni). E' una regola che su qualunque barca deve essere sempre applicata.
Adeguiamo la velatura in modo corretto rispetto alle condizioni meteo-marine (vento e onda)
Il First 25.7 ha in dotazione tre vele di prua: un genoa per venti leggeri, un fiocco per venti medi e una tormentina da alzare quando le condizioni diventano dure; due rande, la standard con due mani di terzaroli e la "svedese" con una mano, più piccola e di profilo più piatto, adatta ai venti forti.
Il set di vele è completato da uno spinnaker da usarsi fino max 15 nodi circa di vento reale.
Il First è uno scafo dislocante (abitualmente non plana se non in condizioni eccezionali), alto di bordo libero, con slanci quasi inesistenti a prua e poppa, e sezioni di carena tonde.
Il raddrizzamento è assicurato da una lama di acciaio con scarpone terminale in piombo che pesca 1,45 mt.
Bordeggiamo di bolina nel vento del mattino, già sostenuto di Nord Ovest.
Risaliamo il canale tra l'isola di Santo Stefano e la costa sarda tra la schiuma bianca e gli spruzzi provocati dall'onda non alta ma corta e ripida.
Le barche sono in assetto anche se sotto qualche raffica molto potente tendono a sdraiarsi, ma si rialzano subito e procedono fendendo le onde con le prue affilate.
Gli equipaggi sono attenti e cercano di prevenire ogni colpo di mare e di vento.
Abbiamo stabilito di avanzare cercando di arrivare fin dove possibile in base al vento e al mare.
A Palau ormai ci siamo, vediamo se riusciamo ad arrivare fino a Spargi.
I navigatori cominciano il loro lavoro di identificazione dei punti cospicui (oggetti ben identificabili da lontano quali i fari, le torri, gli isolotti, le cime delle montagne, le mede, i pilastrini etc. I punti cospicui sono importanti nella navigazione costiera, in quanto sono indicati sulle carte nautiche, e rilevandone la posizione rispetto alla barca si può individuare il punto nave sulla carta).
Le prue sono su Cala Corsara; il vento è forte e stabile, l'onda aumenta.
Ecco la secca del Palau, cardinale sud; la superiamo mure a destra; avanziamo fin quasi al faro di Palau poi viriamo.
Ci avviciniamo alla secca di Mezzo Passo mure a sinistra, viriamo e abbiamo Spargi sulla prua.


Disegni dei segnali della Secca di Mezzo Passo e della Secca del Palau, durante la navigazione di lunedì 17 agosto.

E' presto, le undici del mattino.
Dopo consulto alla radio decidiamo di proseguire nel canale tra Spargi e La Maddalena, verso Nord, prendendo i rilevamenti.
Comincio a pensare una certa cosa...
Per ora abbiamo come obiettivo l'isola di Santa Maria, ma viste le condizioni non sarebbe male pranzare in navigazione e fare il giro delle isole (la Maddalena e Caprera in senso orario) rientrando a Porto Palma da Est.
Dopo un po' e dopo aver riscontrato entusiasmo alla mia proposta chiamo per radio Alfredo sull'altra barca.
Anche loro sono entusiasti: è deciso, procediamo col giro delle isole!
Il passaggio a Nord tra La Maddalena e Santa Maria è entusiasmante.
Gli scogli Barettinelli fanno capolino tra la schiuma bianca e le onde di un blu più intenso.
il vento è al giardinetto, la nostra rotta Est Nord Est.
L'onda ci spinge, la barca vola.
L'equipaggio è rilassato, i volti sorridenti, quasi in estasi tra cielo vento e mare.
Nessuno pensa al pranzo.
Gli scogli battuti dal vento della parte nord di Caprera.
Il granito sardo si oppone incurante della potenza del mare.
Noi scivoliamo veloci nell'incavo delle onde, poi ci rialziamo sulle creste in un balletto ipnotizzante: tutto è blu, il cielo, il mare, il profumo di salsedine, l'aerosol di iodio che entra nei polmoni fin nel profondo: ci tocca l'anima.
Siamo felici, in comunione col mare, con la natura.
Ma ecco la punta nord di Caprera, orziamo, rotta a sud, e, improvvisamente, incontriamo la copertura dell'isola.
Il vento cala, torna l'estate, ci rilassiamo, ci svegliamo dal nostro sogno.
E' finalmente ora di un veloce ma gustoso pranzo, con cala Coticcio, "Tahiti", al traverso ... ma ... ragazzi... attenti alle raffiche.
Alle 17,30 circa rientriamo in Porto Palma, dopo un'ultima bolina impegnativa dall'isola della Pecora fino a Punta Rossa. 
Passiamo sottovento all'isolotto del Porco, ammirando, a dritta, il bellissimo forte di Punta Rossa.
Ultimi bordi nel vento davanti a cala degli Inglesi e poi, prima del rientro, qualche esercizio di presa di gavitello approfittando del vento forte e rafficato.
Già si pensa a domani.
Dalle previsioni il vento sarà, se possibile, ancora più forte. 
Oggi è stato stabilmente sopra i 20 nodi.

Martedì 18 agosto 

Il secondo livello cabinati prevede, tra gli obiettivi didattici, che l'allievo apprenda nozioni di pilotaggio.
L'arcipelago della Maddalena è luogo ideale per le esercitazioni essendoci grande abbondanza di segnali: fari, fanali, mede, boe di segnalazione.
Decidiamo di circumnavigare l'isola di Santo Stefano in senso orario, pianificando prima la navigazione e verificando poi la posizione mediante rilevazioni con la bussola da rilevamento e la trascrizione sulla carta nautica.
Il pilotaggio, infatti, è la conduzione dell'imbarcazione in sicurezza in acque ristrette, con pericoli e ostacoli.
Questi esercizi sono propedeutici alla navigazione notturna che faremo entro la settimana.
Il vento è sempre da Nord Ovest, sostenuto sui 20 nodi. optiamo per il fiocco e la randa svedese.
Usciamo da Porto Palma sotto un cielo con nuvole alte e stratificate. 
Il sole fa capolino ma la sua luce è argentea e non scalda molto.
Iniziamo la risalita verso Capo d'Orso: gli spruzzi bagnano la coperta l'onda ripida ma bassa non ci ostacola particolarmente.
Il profumo del mare allieta il nostro spirito facendoci assaporare un senso pieno di libertà.
L'equipaggio ha già sulle spalle la navigazione di ieri attorno alle isole, reagisce bene non dimostra incertezze.
Poche virate e siamo davanti alla base di Punta Coda, con bene in vista lo scoglio cannone.
E' uno scoglio con piantato sopra un vecchio cannone di quelli che equipaggiavano i vascelli a vela dei secoli passati.
Teatro di molte storie avvenute per lo più nei primi anni di vita della scuola, quando gli allievi venivano prelevati a Palau da un lancione a remi anche questo residuato di qualche nave di cui ormai si era pea anche la memoria.
Il nome del lancione: Dio-ti-fulmini!!!
La particolarità di questa barca era la eccezionale difficoltà di manovra, tanto che un bel giorno, per un errore del timoniere, forse messo in difficoltà dal sovraccarico del natante, finì proprio sopra lo scoglio cannone.
Gli allievi dovevano distendersi sopra i loro sacchi e sopra di loro stavano i rematori e coloro che regolavano le vele.
Non si sa bene come, il barcone dei tempi andati scivolò via da solo dallo scoglio andando a posizionarsi proprio davanti alla banchina dove i malcapitati dovevano sbarcare, avendo, il suo nocchiero, ormai abbandonato assieme alla barra del timone anche ogni speranza di salvezza.
In un'altra circostanza, durante una visita di un ammiraglio, mentre raggiungevano la neonata base del Centro Velico (siamo alla fine degli anni '60) essendo tutta la comitiva d'onore imbarcata sul lancione Dio-Ti-Fulmini, come da antica tradizione della marina, il Presidente del Centro Velico cedeva all'ammiraglio capo di stato maggiore della marina il timone per la manovra di arrivo in banchina.
Con La compostezza e l'imperturbabilità tipica dei grandi comandanti, l'ammiraglio centrava la banchina a tutta velocità provocando l'immediata discesa a terra degli occupanti, quasi tutti ammiragli, con grande volo, catapultati a seguito dell'urto.
Viriamo infine e le nostre prue sono su Palau.
Il canale tra Santo Stefano e Capo d'Orso presenta delle difficoltà di navigazione.
Sono presenti correnti al centro e controcorrenti laterali e occorre scegliere il lato dove passare.
In linea di massima la prima parte della bolina si effettua sotto Santo Stefano, poi si attraversa verso la Sardegna per tornare sotto Santo Stefano dopo cala di Villa Marina verso Palau.
Risaliamo contro il maestrale che si fa sempre più tosto, le raffiche sempre più potenti.
Prendiamo una mano di terzaroli.
Le rotte dei traghetto Palau - Maddalena sono davanti a noi.
Con un po di attenzione le superiamo.
L'istruttore chiede spesso ai navigatori, a turno, di determinare il punto nave: "Ecco, prendiamo il rilevamento del faro di Palau e della secca del Palau", " pronto? adesso ti leggo i gradi bussola!", "Ok, vai , scrivo...".
Sono le 13,00. Per pranzo optiamo per una boa libera a Porto Rafael.
E' un luogo particolare, fondato da un conte spagnolo, Rafael Neville, negli anni '50 e '60 diventato punto di ritrovo del Jet Set dell'epoca: attori, donne e uomini ricchi e famosi che passavano momenti felici tra feste e avvenimenti mondani.
Iniziava la scoperta della Costa Smeralda che, negli anni successivi, con l'Aga Khan, doveva far parlare tanto di se.
Riprendiamo quindi il nostro cammino dopo un rapido pranzetto con rotta per l'isola de La Maddalena. 
Adesso abbiamo il vento al lasco, l'andatura è più tranquilla e possiamo dedicarci con impegno al riconoscimento dei punti cospicui, alla determinazione dei punti nave e alle manovre a vela mentre passiamo davanti all'abitato di La Maddalena: cala Gavetta sulla sinistra, con le sue banchine e il rifornimento di gasolio, lo scalo dei traghetti, il pontile della Posta, cala Mangiavolpe e infine le costruzioni della Marina Militare.
qui scorgiamo, attraccata ad una banchina, la nave a vela Palinuro della Marina Militare. 
Ammiriamo e fotografiamo da vicino il veliero, scuola per i sottufficiali della Marina Militare Italiana. Strambiamo e entriamo nel porto della Maddalena.
Sorpresa: a bordo gli allievi pensavano di uscire dal porto... siamo passati davanti ai traghetti, le banchine... no, questo è il porto militare, inizia qui.
Infatti abbiamo il segnale rosso a sinistra e il verde a destra: ingresso! 
L'uscita è alcune miglia più a est, al passo delle Bisce.
Anni fa si potevano scorgere, ancorate in questa grande rada, le navi militari italiane e degli stati alleati, dalle piccole dragamine alle immense portaerei. Adesso, con la fine della "guerra fredda" il porto ha pero molto della sua importanza strategica e le navi di passaggio sono meno.
Siamo soddisfatti della navigazione di oggi, abbiamo appreso molto sulle tecniche di pilotaggio e abbiamo visto cose interessanti. Rientriamo a sera con parecchie cose da raccontare nel corso del ritrovo dopo la cena.

Mercoledì 19 agosto

Ancor prima della colazione ascoltiamo il bollettino Meteomar che preannuncia vento in aumento fino a forza 7 da Nord Ovest sulle Bocche di Bonifacio.
Decidiamo quindi di eleggere a nostra zona di esercitazioni lo specchio di mare a Est dell'isola di Caprera, in quanto sottovento e più protetta. 
Nel corso della giornata, in base alla osservazione di vento e mare decideremo se spostarci.
Assetto prudente con tormentina e randa svedese con una mano di terzaroli.
Lasciamo alla nostra sinistra Punta Rossa col vento che ci spinge al lasco. 
Orziamo un po', appena superata l'Isola Pecora, e subito percepiamo il calo del vento dovuto al ridosso dell'Isola di Caprera.
Alla nostra destra ammiriamo gli isolotti Monaci che affiorano nel blu dl mare tra il bianco della schiuma.
Proseguiamo; ora alla nostra sinistra abbiamo Cala Coticcio, una delle spiagge più belle in assoluto, chiamata "Tahiti" per la somiglianza con quei luoghi lontani.
Ricordo le mie prime esperienze caprerine e le frasi degli amici dei corsi superiori: "oggi siamo stati a Tahiti..."; non si poteva non sognare, associando realtà a fantasia.
Forse è questa l'alchimia della scuola di Caprera, la realtà coniugata alla fantasia, al sogno, al ricordo di letture avventurose, ai giochi da bambino: Peter Pan e Capitan Uncino, la Tortuga e la Croce del Sud.
Caprera è davvero, per i tanti che ci sono passati, l'Isola che non c'e'.
Allora perché non continuare il sogno?
Perché non immaginare una navigazione in altri mari e in altri tempi?
Perché non doppiare la punta Nord di Caprera e bolinare nel possente maestrale, provando a risalire fino agli isolotti Corcelli, fino ai Barettinelli, fino a Santa Maria, per poi rientrare dal canale tra Spargi e La Maddalena con sosta pranzo a Porto Rafael?
Ci lanciamo nelle onde ripide e faticose, la barca bolina non in maniera soddisfacente, l'onda, oltre il riparo dell'Isola è notevole.
Abbiamo bisogno di più vela a prua, per avere più potenza e meglio passare le onde.
Togliamo la tormentina e mettiamo il fiocco.
L'altra barca non segue il nostro esempio; rimarrà in dietro staccata di quasi un'ora.

Le onde e il maestrale durante la bolina verso gli isolotti Corcelli, il giorno 19 agosto, mercoledì.

Alla sera, durante la discussione sui fatti del giorno, converranno che la loro scelta, dettata dalla prudenza, non è stata felice: hanno navigato e sollecitato l'attrezzatura un'ora in più e al passaggio al traverso di Cala Inferno, dove l'onda è altissima, le scogliere sottovento e il vento poco perché bloccato dalla mole dell'isola La Maddalena, con la sola tormentina e la randa svedese avrebbero corso un serio pericolo; per fortuna la presenza del motore entrobordo li trae d'impiccio.

Giovedì 20 agosto

Sulla notturna vedi post "Corso C3 33 dal 15 - 22 agosto 2015" del 26/12/2015


Venerdì 21 agosto

Il giorno che conclude la settimana di corso è particolare.
Il "giorno lungo".
Inizia al mattino quando le aspettative per la regata finale, l’allenamento a seguito di una settimana intensa, la conseguente stanchezza che comincia ad emergere, la consapevolezza che al ritorno a terra, alla sera, non seguirà un altro giorno ed un’altra navigazione, coincidono e contribuiscono a farne un giorno a due facce: bello e triste, esaltante e melanconico.
L’immagine migliore è data dal vedere alcuni allievi, alla sera, seduti sulla banchina che guardano il mare; il mare che non vorrebbero lasciare, a cui torneranno, ma quando?
Qualcuno può e si iscrive ad un corso anche la settimana dopo, i più partono e magari torneranno l’anno dopo, alcuno anni dopo, altri, pochi, mai più.
Tutti però vorrebbero restare, il distacco è doloroso quasi l’isola fosse una persona a cui ormai si è particolarmente affezionati.
Gli amici del corso C2 ci sfidano per la regata.
Noi accettiamo con entusiasmo, saremo una decina di barche: il divertimento è assicurato e essendo due corsi che si sfidano, non mancherà un sano agonismo.
Il vento è meno dei giorni scorsi ma sempre dai quadranti occidentali, degna conclusione di una bellissima settimana di vento forte.


La boa di Punta Rossa: qui termina la regata del 21 agosto.


Il percorso sarà il seguente: partenza e arrivo tra la boa verde (segnale laterale destro) e Punta rossa; boe di percorso: boa del fico, boa gialla di Cala capra e secca Tre Monti, tutte da lasciare a sinistra.
Il vento da Ponente intorno ai 10 nodi con un rinforzo a 15 nel corso della regata e successivo calo sui 5/6 nodi.
Le barche iniziano a manovrare vicino alla linea di partenza mano a mano che il tempo passa e lo start si avvicina. I Circling, le manovre rapide con cui le barche restano in una piccola area di manovra, diventano sempre più frenetici.
Ecco, mancano pochi secondi, chi ha scelto bene il punto dove partire e riesce a trovarsi proprio qui al via è davanti.
Inizia la galoppata verso il monte Fico, la boa verde primo obiettivo delle barche in regata. C’è chi sceglie di stare a destra e chi a sinistra del campo di regata.
Inizialmente pare essere favorita la sinistra, ma, poi, dopo un piccolo salto del vento sulla destra, il lato migliore è quello verso Porto Palma.
Un First guida la piccola flotta gli altri inseguono da vicino.
Le virate si susseguono e diventano ravvicinate in prossimità della prima boa per sfruttare le raffiche.                                         
La barca in testa prepara lo spinnaker, tangone a segno: “pronti a alzare lo “Spi”!
L’entusiasmo eccessivo gioca un brutto scherzo: la vela alzata troppo presto finisce sotto lo scafo.
Per fortuna nessuno perde la calma e con prudenza per non causare danni si recupera lo spinnaker che poco dopo viene alzato.
La barca parte in planata.
Il vento è aumentato con raffiche improvvise e potenti, la velocità è al limite.
Si arriva in pochi minuti alla seconda boa davanti alla banchina di Cala Capra, dove le raffiche arrivano dall’alto, in quanto seguono l’orografia della costa.
Occorre strambareper poi far rotta su Secca Tre Monti, mure a destra.
La manovra, a causa del vento e dell’onda un po’ fastidiosa non riesce e l’equipaggio è costretto ad ammainare.
Tuttavia mantiene la testa della regata, anzi incrementa il distacco sul secondo, grazie ad un’ottima scelta tattica.
All’arrivo il nostro First avrà quasi un ora di distacco sul secondo.
Pranziamo alla fonda riparati dall’isolotto del Porco, poi rientriamo.
Ci aspettano le attività conclusive del corso, la pulizia delle barche, i giudizi per gli allievi, i saluti: arrivederci, Isola che non c’è, ci rivedremo.
“Seconda stella a destra, questo è il cammino, e poi dritti fino al mattino…”

Il mare di Gallura.

Wednesday, January 20, 2016

UNA TRANQUILLA GIORNATA D’AGOSTO

Corso 1BC 32 dal 09 al 16 agosto 2014

Lasciamo Porto Palma verso le dieci di una mattina leggermente fosca e senza vento.
Le barche, due Beneteau First 25.7 e due Dehler 25, faticano non poco per guadagnare l’uscita della rada.
Sffia un leggerissimo levante, che aumenta di poco appena usciti dalla copertura dell’isolotto del Porco e di Punta Rossa.
Le previsioni davano in arrivo nel primo pomeriggio un bel ponente fresco.
La mia idea è quella di portarmi molto lentamente, col poco vento che c’e’, verso La spiaggia di Barca Bruciata, dove pranzare ed attendere l’entrata del ponente.
Chiamo più volte alla radio le altre barche ma non rispondono.
Con il mio First 25.7 ero l’ultimo del gruppo.
Vedo avanti a me gli altri che riescono a manovrare nella poca aria, risalendo verso Est, verso Liscia di Vacca, L’isola dei Cappuccini e l’Isola delle Bisce.
E’ dalla parte opposta rispetto a Barca Bruciata e non è il massimo se entra ponente… ma è l’unico modo per far qualcosa.
Finalmente riusciamo a comunicare e, dopo consulto, decidiamo di approfittare un po’ di questa arietta da levante; continuiamo così a risalire verso Est.
E’ agosto, sembra di essere al lago… anche il mare è opaco e il rumore dei motoscafi continuo.
Arriviamo alle Bisce, dopo una interessante bolina con poco vento e numerose virate, peraltro argomento della lezione.

La zona delle operazioni

Alla radio una proposta: fermiamoci a pranzo a Liscia di Vacca…
Ok ma stiamo attenti … il vento cambierà … ai primi segnali, via!!!
Diamo fondo dove diamo fondo di solito quando veniamo qui.
In fondo alla profonda insenatura aperta ai venti di ponente…
Tutt’intorno enormi motoscafi alla fonda per il pranzo.
Gli allievi , subito, si tuffano nelle acque verde smeraldo, si prepara il pranzo.
Per radio e a voce gli istruttori si accordano per partire non appena il vento gira a ponente. Per ora è levante leggero.
Alcune barche, ancorate più fuori, cominciano a ruotare: il vento inizia a girare.
Compare una riga scura sul mare a ponente.

La posizione delle barche quando gira il vento con gli scogli in primo piano.

Guardo l’istruttore della barca più vicina e gli faccio cenno di partire alla svelta.
Allerto anche i miei allievi:”mettete via tutto e prepariamoci a partire”.
Mi guardano un po così… poi si convincono anche se non capiscono il motivo di tale fretta; Spiegheremo poi. Ora bisogna andar via. E alla svelta.
Abbiamo ancora armato genoa e randa.
Alziamo la randa.
Il genoa lo cambiamo poi in navigazione.
Le prime raffiche arrivano dopo pochi istanti: forti sorprendentemente forti.
I motoscafi oscillano nel vento che è già disteso rafficato.
Il mare si increspa.
L’ancora ara (non tiene più e la barca si sposta all'indietro verso il pericolo). Salpiamo alla svelta.
La manovra riesce ma lo spazio ristretto.
La barca non vira.
Scarroccia.
La lasciamo accelerare poi tentiamo la virata.
Non vira.
Scarroccia di nuovo.
Anche l’altro First, ara.
Riescono a alzare la randa ma scarrocciano sugli scogli.
Il bulbo tocca  la barca si ferma.
Poco dopo tocca a noi e ci affianchiamo a loro sottovento col bulbo sullo scoglio.

Le due barche incagliate.

Mettiamo i parabordi e ammainiamo le vele.
Due barche affiancate sullo scoglio!
I due Dehler, più bassi di bordo, non arano e consentono agli equipaggi il cambio di vela di prua.
Con tormentina e randa svedese riescono a guadagnare il mare aperto, non senza fatica e rischio.
E adesso che fare?
Il vento è furioso e l’onda, ripida e incrociata, aumentata anche dai numerosi grossi motoscafi che fuggono in ordine sparso, muove le barche sul loro perno di granito con scricchiolii sinistri.
Per fortuna gli scafi non toccano lo scoglio e nemmeno gli alberi si toccano tra loro, al massimo si sfregano le sartie.
Togliamo subito le pale dei timoni per non correre il rischio di danneggiarle.
Tenteremo di dare fondo all’ancora il più lontano possibile portandola a nuoto con i parabordi a fare da galleggiante.
Allunghiamo il calumo (la catena più la parte di cima in tessile dell’ancora) aggiungendo altre cime di ormeggio.
Proviamo più volte diamo fondo e recuperiamo usando i verricelli di bordo.
Pare che le barche si allontanino un po’ da riva.
A bordo, nonostante l’inesperienza, ognuno fa il suo lavoro e non si perde d’animo.
C’e’ anche chi, tra gli allievi, tenta di allontanare le barche dagli scogli a mano!!!
Viene subito richiamato in quanto rischia seriamente di farsi male.
Intanto sulla riva fa capolino qualche curioso.
Abbiamo provveduto ad informare dell’accaduto il Capo Base Giuseppe a Punta Coda. Inviano un gozzo, nel caso non riuscissimo a toglierci da soli dai guai.
I nostri tentativi si susseguono, vani o quasi, le forze cominciano a ridursi,
non possiamo arrenderci.
Riproviamo.
E’ estremamente difficile portare a nuoto un ancora anche se solo per qualche decina di metri.
Un piccolo gommone si avvicina.
E’ il tender di una delle barche a vela rimaste alla fonda.
Ci offrono aiuto..
Col loro piccolo motore riescono a trainare le barche lontano dagli scogli; prima una, poi l’altra.
Alziamo le vele e siamo da poco in navigazione, liberi, quando arriva il gozzo del CVC e d anche la motovedetta della capitaneria avvertita chissà da chi.
Segnaliamo tutto ok.
Rientriamo.
Le barche non hanno subito alcun danno.

La sera a cena, ospite anche l’equipaggio della barca che ci ha soccorso, ricordiamo gli avvenimenti della giornata, da non dimenticare e da tenere nell’album delle esperienze.